Effetto placebo e Fiori di Bach

I Fiori di Bach, agiscono anche con neonati, piante, animale e pazienti che non sanno di assumerli, questo significa che i rimedi funzionano e non si può pensare che la guarigione è dovuta all'autosuggestione, cioè all'effetto placebo.

secondo il Dr. Michele Iannelli

Autocoscienza: fattore terapeutico; ruolo dei Fiori di Bach  Possiamo affermare che, alla base dello “star male” ci sono una serie di elementi inconsci.  È ovvio che il percorso terapeutico, qualunque esso sia, ha una vera efficacia nel momento in cui fornisce al sistema una serie di informazioni che permettono di fare luce sulle zone d’ombra . Riteniamo che questo sia il vero obiettivo di un buon terapeuta, nel momento in cui si impegna a seguire il paziente in un suo percorso esistenziale.  Il provocare una scarica catartica, la semplice rievocazione del ricordo, nella speranza ingenuamente illuministica che ciò possa apportare cambiamento, sono vie percorse entrambe con scarso successo da Freud;  Il semplice fare ricorso ad un’empatia e ad un “maternage” riparativo appaiono modalità a volte utili, sicuramente insufficienti, per determinare quelle ristrutturazioni che permetteranno all’individuo di star meglio in maniera stabile e continuativa. Il percorso terapeutico deve restituire il più possibile alla coscienza del paziente le paure, le angosce, le strategie, le tattiche, le difese, i dogmi che il soggetto ha costruito su se stesso e sul mondo e che lo portano quindi ad osservare la realtà e ad interagire con essa in modo schematico, rigido ed unilaterale; occorre restituire alla luce dell’autoconsapevolezza le motivazioni per cui tutto ciò è nato e si è strutturato, le ferite cicatrizzate e quelle ancora aperte e dolenti. Gli aspetti della propria identità ritenuti inaccettabili ed inconciliabili devono essere utilmente integrati e possibilmente trasformati in nuove fonti di energia e di qualità positive. Tutto questo può avvenire, per esempio, attraverso la pratica dell’interpretazione o attraverso tecniche e metodi congeniali al paziente e derivanti dal retroterra culturale del terapeuta. Questo processo di coscientizzazione è un grande processo di liberazione, poiché non solo rende tutto ciò che era inconscio meno pervasivo, ma rende altresì possibile intravedere nuove soluzioni e prospettive esistenziali.  Questo processo rende, a sua volta, possibile non solo una liberazione da antichi blocchi e vincoli, ma anche una riattivazione di tutto quell’insieme di qualità positive ipotizzate da Roberto Assagioli come componenti essenziali dell’inconscio superiore.  Tutto ciò permette in ultima analisi alla persona di riconquistare parzialmente o interamente quel territorio fertile e secondo che Edward Bach ha chiamato “vero Sé”  Questo percorso evolutivo deve attuarsi necessariamente, nell’ambito di una relazione terapeuta–paziente, regolamentato w strutturato in un setting che è il contenitore “ad hoc” per l’attivazione e la conseguente coscientizzazione delle modalità strutturali del paziente.  Questo percorso di cambiamento può, ovviamente, non presentarsi agevole in quanto tutte le strutture inconsce sono delle soluzioni disfunzionali, (ma pur sempre soluzioni) che hanno dato al paziente, sia pure precariamente, un certo senso di sicurezza ed identità e gli hanno permesso di evitare “guai” ancor peggiori, di vivere anche in maniera disagevole, trovando comunque un proprio assestamento.  Il paziente opporrà, quasi inevitabilmente, una sorta di resistenza al cambiamento. Avrà bisogno di tempo per creare spazio dentro di sé, per consapevolizzare, per accettarsi. Ecco, quindi, che entra in gioco la grande ed importante funzione dei Fiori di Bach, testimoniata in maniera evidente dalla “crisi di coscienza”.  Essi possono essere considerati come degli attivatori e dei catalizzatori del percorso di autocoscienza. Riescono ad entrare nel sistema ed a svolgere tali funzioni, addolcendo le resistenze ed attivando le qualità attraverso delle “serrature”, estremamente specifiche, ma anche facilmente identificabili, quali gli stati emozionali negativi attuali del paziente. La cosiddetta crisi di coscienza rappresenta il fenomeno più visibile di tale attività.
Per riferimento bibliografico:
IANNELLI M. – “Crisi di coscienza” in Floriterapia: aspetti
teorici e gestione di una “buona occasione”. Atti del 2°
Congresso A.M.I.F. La Med. Biol. Suppl. al N°2, 2000,
pagg.12-20.
Indirizzo dell’Autore:
Dr. Michele Iannelli
– Specialista in Psicologia Clinica, Psicoterapeuta
– Docente A.I.O.T. e A.M.I.F.
– Membro dell'Esecutivo dell’A.M.I.F.
Indirizzo:
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